Comunicazione del vino, del gusto e del made in Italy: serve il carisma di Carlo Guttadauro

Il mondo del vino italiano, al pari di quello del gusto e della ristorazione, ha bisogno di una comunicazione meno vecchia, stereotipata e in qualche caso autoreferenziale. Basta foto con nonno, figlio e nipotini schierati tra le barrique della cantina, basta foto posate fra i vigneti, basta scatti a bottiglie e calici in sale degustazione che sembrano tutti uguali. 

Servirebbero idee più fresche, una fusione tra generi, l’affermazione di concetti attraverso piani strategici ragionati di divulgazione dei valori del brand, tramite i canali web e social da armonizzare a quelli tradizionali, che non sempre sono stati abbandonati traendone vantaggio.

Servirebbero un estro e un talento come quelli di Carlo Guttadauro: fotografo, art director e regista che stimo molto per il suo multiforme ingegno, il suo approccio mai scontato e la sua capacità di produrre con senso artistico in mondi, come quello del vino e dell’agroalimentare, che nell’ultimo decennio hanno perso smalto in termini di distintività dell’immagine e del proprio marketing. Servirebbero professionisti forti di una formazione filosofica e artistica, come la sua. La ricerca personale di Guttadauro, titolare di Anam Cara Comunicazione in provincia di Modena, abbraccia la fotografia in senso fenomenologico, le arti visive e il suono.

Il professionista ha esposto sue opere alla Fotografia Europea di Reggio Emilia in ben quattro edizioni: “Incanto Fluido” (2010) ispirata a Venezia; “Due Piazze, Tre Colori” (2011) insieme all’illustratrice Sonia Maria Luce Possentini in occasione del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia, alla Galleria di Arte contemporanea De Bonis, a Reggio Emilia; “Rosso Pop” (2012), progetto visivo tra fotografia e illustrazione; “Fili” (2012) visioni enogastronomiche, all’Enoteca Regionale dell’Emilia Romagna; “CORRISPONDENZE” (2018), una serie fotografica di Angeli. Insieme allo scrittore Gian Mario Villalta, ha ideato e curato il libro “100° Cantina San Simone”, presentandolo inoltre a Pordenone Legge 2015.

Nel 2017 ha vinto il premio “Etichetta d’Argento” al 21° International Packaging Competition. Nel 2018 si è aggiudicato il premio “Etichetta d’Oro” alla 22° International Packaging Competition.

Fra i suoi short film, “Lambrusco, Behind the Glass” è stato selezionato al “Wine Country Film Festival” in California, all'”International Wine film festival in California, e “DZN Ca’ del Bosco” è stato nominato dal Corriere della Sera il più bel video dedicato al vino del 2014. Nel 2018, il suo “Lambrusco, Waiting Game” è stato premiato al Berlin Flash Film Festival, categoria “Experimental”.

Tutto questo per spiegare che nel mondo dell’effimero in cui è trascinato in questi anni anche l’universo dell’agroalimentare italiano d’eccellenza, non bastano voglia di fare e qualche post con foto o video improvvisati sui social per fare la differenza. Servono professionalità solide, con una visione aperta sul futuro, pronte non a “replicare” ma a “ideare”.

L’accelerazione verso il digital e la comunicazione online impressa dal lockdown nel 2020 rimette al centro la necessità di puntare sulle competenze per fare la differenza su uno scenario globale grande e frastagliato, per distinguersi e lasciare il segno traducendo la propria comunicazione in vantaggio competitivo.

Occorre insomma una nuova era della comunicazione che veicoli l’identità, con lo scopo primario di “creare emozione” attorno a un messaggio studiato, meditato e tagliato su misura per il cliente. Nell’epoca del junk food, delle imitazioni e del prodotto “primo prezzo” spacciato magistralmente per l’originale, gli imprenditori veri del vino, dei sapori, della ristorazione, del turismo e della cultura del made in Italy farebbero bene a non prendere più lucciole per lanterne. Come ti comunichi, specie per chi non ti conosce o ha una percezione parziale di te e del tuo prodotto, racconta chi sei. E’ ora di tornare a considerare la fotografia, la comunicazione e il marketing qualcosa di estremamente serio, di cui prendersi cura anche in prima persona, senza delegare troppo o facendolo solo a ragion veduta.

Su uno scenario in cui molte aziende del vino, del gusto e della ristorazione comunicano “in qualche modo” l’importante è distinguersi, investendo bene tempo e risorse per raccogliere risultati nel tempo. Costa di più, ma non si butta via niente. Il valore aggiunto si può creare e si può vendere solo così, con un’immagine che non si perda nel mucchio e che non sfiorisca 24 ore dopo il quotidiano post sui social. Non serve mostrare i muscoli, bisogna usare il cervello. E’ forse ora di una comunicazione che non si paghi al chilo tra tante foto inutili, mini video buttati lì e un pubblicare compulsivo. Urge ripartire da qualità, incisività e linguaggio. Tutto questo vale anche per la comunicazione dell’Italia del gusto all’estero.

E’ ora di cambiare. Se non ora, quando?

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