“Stanno uccidendo gli agricoltori”. Trattori per le strade di tutta Italia contro politica e sindacati
Prove tecniche di rivoluzione degli agricoltori vessati contro i non sensi delle politiche nazionali ed europee di settore, che non danno fiato a quel “settore primario” sventolato in ogni dove come l’emblema più fulgido di “Made in Italy”. Ma a che prezzo? E con quali disparità di trattamento tra le piccole aziende a conduzione familiare e i grandi colossi? Contro le politiche agricole dell’Europa, le scelte del governo e le grandi confederazioni agricole a difesa dell’agricoltura e dei territori, ma anche del lavoro e delle piccole imprese “dall’attacco delle importazioni”, dal “tradimento dei sindacati”, “saccheggiati dalla politica” e “martoriati dalle banche”.
Sono le ragioni della protesta che ha invaso nei giorni scorsi tante piazze italiane. A chiamare a raccolta il mondo agricolo spolpato è stato il neonato Comitato degli Agricoltori Traditi. Le foto delle mobilitazioni a Frosinone, Latina, Torino, Pescara, Reggio Emilia, Noci (Puglia), ma anche a Bologna, Firenze, Milano, Roma, Caserta e Napoli hanno fatto il giro del web, soprattutto attraverso i social, poiché i grandi mass media e i grandi editori hanno trattato anche troppo didascalicamente una protesta molto diversa da tutte le altre, una mobilitazione che radici antiche e che si è nutrita dei fiumi di parole versati senza approdare a risultati concreti.
Sull’onda di quanto già visto in Germania, in Francia e in altri paesi europei anche in Italia la categoria degli agricoltori protesta ed è esasperata anche dai rincari degli ultimi anni: “Siamo al disastro, tasse, accordi internazionali anche bilaterali con Paesi che permettono di portare qui merci a pezzi stracciati, ci stanno uccidendo e non abbiamo più rappresentanze sindacali”, ha detto Danilo Calvani, presidente del Comitato degli Agricoltori Traditi.
“Le grandi confederazioni agricole ci hanno tradito – ha spiegato agli organi d’informazione -. Una delle ragioni principali della nostra mobilitazione è proprio contro di loro. Speriamo vengano azzerate e commissariate. Si sono sedute e prostrate ai diktat. I loro capi prendono stipendi milionari all’anno e noi stiamo morendo di fame. Tutto è partito dalle quote latte, quando ci hanno massacrato e sono andati contro gli allevatori. Stanno applicando lo stesso sistema contro tutti noi”.
Calvani ha anche messo in guardia le famiglie dei consumatori: “Avranno un danno tutti, perché non mangeranno prodotti italiani, qualitativi e sicuri. Siamo allo stremo. Si rischia una gravissima crisi alimentare a meno che non cominceremo a mangiare cavallette, vermi e carne sintetica. Ci vogliono portare a un mondo apocalittico”.
Uno sfogo, certo, ma anche argomentazioni da analizzare con cura e da non liquidare come folclore, perché folclore proprio non sono. Nel mondo delle associazioni agricole non mi pare le posizioni siano state sempre omologabili, tuttavia l’andare divisi su alcuni dossier ha notevolmente indebolito l’incisività dei sindacati di categoria. Non solo. Ormai il tavolo decisionale non è più a Roma quanto piuttosto a Bruxelles e Strasburgo: certe battaglie necessitano di ampie alleanze europee, di europarlamentari preparati, pronti, capaci ed interconnessi con il settore primario. L’Italia sul panorama agricolo non è alla pari delle altre nazioni dell’Unione Europea. In Italia agricoltura significa storia, valori, qualità, eccellenze diffuse regione per regione, provincia per provincia. Non esiste nazione al mondo che vanti il patrimonio di biodiversità, un paniere di cibi e vini distintivi come quelli italiani. Ma cosa resterà? E’ una domanda che si pongono gli agricoltori, infiammati nelle piazze, ma che tutti noi ci dobbiamo porre.
Anni fa a un convegno un esponente bollito e fuori fuoco dell’Unione Industriali, mentre io rivendicavo l’importanza di tutelare il valore dell’agricoltura e dell’ambiente nell’ambito di una mobilitazione di protesta per fermare un impianto per la pirolisi dei pneumatici in piena campagna (battaglia poi vinta Ndr), ridacchiando mi disse: “Che Pil genera l’agricoltura e che Pil genera l’industria?”. Questa visione miope è una delle cause del declino che il mondo agricolo sta misurando, anno dopo anno, piallato da interessi lobbistici da far impallidire. Il valore dell’agricoltura è tutela del paesaggio, della biodiversità, dei piccoli comuni che hanno fatto grande l’Italia. Il valore dell’agricoltura italiana sono terreni coltivati per generare salubrità e qualità. Il valore dell’agricoltura italiana è anche industria, quella della trasformazione, con il relativo indotto. Finché la guerra d’interessi sarà anche interna al nostro Paese, come una piccola guerra di retroguardia tra categorie economiche differenti, fate una cosa: non decantate più le 100 meraviglie dell’agricoltura in Italia. Non ve la meritate.