Tsunami sull’agroalimentare e la ristorazione italiani, ma dove porta il «tutto chiuso»?
Uno tsunami devastante si è abbattuto da marzo ad oggi sul mondo agroalimentare italiano, ma ora si rischia di cancellare l’Italia della piccola ristorazione, dei bar e delle trattorie. Aiuti immediati, deburocratizzazione e pace fiscale sembrano gli unici strumenti per evitare il peggio. Ma il fattore tempo è fondamentale, perché altri paesi si sono mossi in maniera molto più rapida e decisa; in alcune nazioni la ripartenza è già cominciata e questo rischia oltretutto di far perdere il vantaggio competitivo alle imprese nazionali del gusto.
La chiusura di caffè, hotel e ristoranti per arginare la pandemia di Covid-19 potrebbe portare a un taglio del 50% del valore delle vendite di vino in Europa. E’ l’allarme lanciato dalla Coldiretti sulla base delle previsione dell’OIV (Organizzazione mondiale della vite e del vino) che prevede una frenate per il settore in tutto il mondo. A pesare – sottolinea la Coldiretti – è il lockdown della ristorazione ma anche l’azzeramento del flusso turistico che non sono compensati dall’aumento delle vendite nei supermercati dove l’offerta è più orientata a prezzi bassi e un’offerta su prodotti di più largo consumo.
In Italia quasi 4 cantine italiane su 10 (39%) secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’ registrano un deciso calo del fatturato con l’allarme liquidità che mette a rischio il futuro del vino italiano dal quale nascono opportunità di occupazione per 1,3 milioni di persone per un giro d’affari di 11 miliardi.
In sintesi la chiusura forzata di bar, trattorie, ristoranti, pizzerie e agriturismi ha un effetto a valanga sull’agroalimentare nazionale con il valore dei mancati acquisti in cibi e bevande per la preparazione dei menu che sale a 5 miliardi di euro per effetto del lockdown prolungato al primo giugno. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti che sottolinea l’importanza della possibilità di aggiungere la vendita per asporto, a partire dal 4 maggio, alle consegne a domicilio.
«Il lungo periodo di chiusura – sottolinea la Coldiretti – sta pesando su molte imprese dell’agroalimentare Made in Italy, dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco e sui quali gravano anche le difficoltà all’esportazione con molti Paesi stranieri che hanno adottato le stesse misure di blocco alla ristorazione».
Da quando è cominciata la pandemia in Italia il 57% delle aziende agricole ha registrato una diminuzione dell’attività – secondo l’indagine Coldiretti/Ixè – con un impatto che varia da settore a settore con picchi anche del 100% come per l’agriturismo dove sono chiuse per le misure anti contagio tutte le 24mila strutture italiane.
Non finisce qui. Con oltre la metà del pescato in Italia (55%) che viene consumato fuori casa, la chiusura prolungata dei ristoranti affonda la flotta italiana con 12mila pescherecci e 28mila posti di lavoro in bilico. Lo stop forzato alla ristorazione fino alla vigilia dell’estate è un duro colpo per il settore ittico che travolge anche le pescherie, i mercati ittici all’ingrosso e gli imprenditori dell’allevamento.