Bolgheri, come si crea una DOC mondiale

[intro-text size=”25px”]Il Consorzio per la Tutela dei Vini Bolgheri Doc, presieduto da Albiera Antinori e diretto da Riccardo Binda, ha festeggiato a settembre i suoi primi venticinque anni e punta sul fare territorio. E’ la somma di aziende altamente qualitative, che hanno lavorato con investimenti e sacrificio dando ai loro vini una nomea internazionale. Il lavoro è stato lungo e forse il meglio deve ancora arrivare, fatto sta che la denominazione è in grande spolvero e vince sui mercati sia in Italia che nel mondo, dove l’area è diventata essa stessa un marchio sinonimo di vocazione, selezione e unicità. All’inizio della storia consortile i soci fondatori si contavano quasi sulle dita di una mano, adesso gli associati sono 56 e hanno voglia di progettare insieme il futuro, con uniformità di strategia e di obiettivi. Unità, cooperazione e rispetto del territorio sono stati la linfa del Bolgheri e di chi l’ha fatto crescere.[/intro-text]

Una storia iniziata a partire dal ‘600 per intuizione dei conti della Gherardesca, che trasformarono la zona in una delle più fertili e produttive della costa, soprattutto ad opera del conte Guidalberto della Gherardesca. La viticoltura crebbe però in ordine sparso: si pensi che negli anni Settanta il vino più famoso del territorio era il Rosé di Bolgheri. Solo l’illuminato marchese Mario Incisa della Rocchetta con il suo Sassicaia lasciò il segno nella storia e dovette combattere non poco anche contro il gusto dei locali, a quel tempo non avvezzi ai vini corposi e strutturati. Il figlio Nicolò fece assaggiare il vino al cugino Gherardo della Gherardesca, che lo trovò eccezionale, incoraggiando a proseguire lungo in cammino intrapreso. La fama di questo vino crebbe a tal punto, grazie anche all’enologo Giacomo Tachis che lo perfezionò, da conquistare nel 1978, durante una degustazione alla cieca dei più importanti Cabernet del mondo a cura della rivista “Decanter”, il titolo di migliore in assoluto. Caparbietà, coraggio e spirito visionario ispirarono altri vignaioli che nel 1995 diedero origine al Consorzio per la tutela dei vini Doc Bolgheri. A presiederlo fu appunto il marchese Niccolò Incisa della Rocchetta, figlio del marchese Mario, rimasto in carica per diciotto anni, fino al 2013. Gli altri soci fondatori furono: Rosa Gasser, Eugenio Campolmi, Enio Frollani, Michele Satta e Federico Pavoletti. Da allora la zona è molto cresciuta: i terreni sono passati da 190 a 1.370 ettari (1.093 a Doc Bolgheri, 87 a Bolgheri Sassicaia e 190 a Igt) e il disciplinare è stato aggiornato per includere i vini prodotti con le tre uve principali (Cabernet Sauvignon, Merlot e Cabernet Franc) che possono essere utilizzate anche come mono varietali.

L’area di produzione è situata lungo le spiagge della costa toscana, in provincia di Livorno, nel Comune di Castagneto Carducci. Ad Est una catena di colline corre parallela alla costa, tra Bolgheri e Castagneto e protegge i vigneti dai venti invernali. In estate, invece, questo corridoio è percorso da venti rinfrescanti che si generano tra le valli del fiume Cecina a Nord e del torrente Cornia a Sud.

Gli anziani dicevano che non si potevano fare grandi vini in vicinanza del mare. Per questo il primo vigneto del Bolgheri Sassicaia fu piantato, nel 1944 a Castiglioncello di Bolgheri, esposto ad est e a 400 metri sul livello del mare. Oggi si è dimostrato che è proprio la vicinanza del mare a dare grandi vini. I vigneti più qualitativi si trovano tutti ai piedi delle colline e nella pianura tra Bolgheri e la zona Sud di Castagneto. I venti rinfrescanti che provengono dal mare e le discrete escursioni termiche di agosto e settembre provocano delle maturazioni lente e regolari di tutte le componenti qualitative dell’uva, zuccheri, polifenoli e aromi, e contribuiscono a mantenere alta l’acidità, necessaria per dare equilibrio ai vini. Il microclima di Bolgheri si avvale anche di una forte luminosità: oltre a quella diretta del sole, si ha un effetto di riflessione da parte dello specchio di mare situato ad Ovest.

I terreni di Bolgheri hanno una grande variabilità in un ambito piuttosto ristretto. Vi sono dei terreni alluvionali, di origine fluviale, con ciottoli tondi depositati dagli antichi corsi d’acqua. Il nome Bolgheri Sassicaia deriva proprio da questa caratteristica.

Si possono individuare tre grandi zone: le colline, la zona intermedia e la zona più vicina al mare. La densità dei vigneti è molto variabile. I più vecchi hanno una densità di 5.500 – 6.000 ceppi per ettaro, mentre nei più recenti si arriva alla soglia dei 10.000 ceppi per ettaro. La maggioranza dei nuovi impianti si attesta oggi su una densità di circa 7.000 ceppi per ettaro. Il sistema di allevamento prevalente è il cordone speronato singolo, ma non mancano esempi di guyot e addirittura di alberello. I vitigni più impiantati sono ovviamente quelli la cui vocazione è stata storicamente dimostrata da Bolgheri Sassicaia prima e dagli altri storici, Ornellaia, Grattamacco, Macchiole, Guado al Tasso, Satta, dopo. Si tratta di Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot. La sperimentazione, che dura ormai da oltre un ventennio, ha dimostrato le grandi potenzialità di altri vitigni come Syrah e Petit Verdot. Anche il Sangiovese, in percentuale minore, ha dato su alcuni parcelle buoni risultati. Per i vini bianchi, il Vermentino è attualmente la più impiantata. Il Sauvignon Blanc, dopo alterne vicende, sta ritrovando una sua dimensione altamente qualitativa ed è spesso affiancato dal Viognier.

Nella zona del Bolgheri la ricchezza del terroir ha abbracciato con successo la sensibilità, la cultura e l’imprenditorialità dei produttori. Secondo gli opinion leader internazionali le migliori annate in assoluto sono state di recente la 2015 e la 2016. Quando era sul mercato l’annata 2015, il Sassicaia è stato definito da Wine Spectator come il “miglior vino al mondo”, mentre l’annata 2016 è stata valutata 100/100, il massimo punteggio, da Robert Parker, il famoso critico americano. Altre annate considerate memorabili sono: 1978, 1985, 1988, 1990, 1995, 1997 e la 2004.

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