Vino, tra dazi e coronavirus
Il segretario generale di Unione Italiana Vini, Paolo Castelletti, ha diffuso una riflessione molto lucida e profonda sulle problematiche d’attualità che si trova a fronteggiare il mondo del vino italiano. Ve la propongo integralmente, trovandola molto utile quale spunto di riflessione su un momento critico.
LA RIFLESSIONE DI PAOLO CASTELLETTI
L’Italia ha scampato la mannaia dei dazi, e di questo non possiamo che essere felici. Ma i problemi sul tappeto non sono finiti. Dall’altra parte del mondo, in Cina, la situazione di mercato è molto complicata, e lo era già prima dell’insorgenza del Coronavirus. Le importazioni di vini fermi in bottiglia nel 2019 sono calate del 10% (4,6 milioni di hl), e la cosa che fa stupore è che a perdere mercato non sono solo i francesi (-21%), ma anche cileni e spagnoli. L’Australia conferma il primato a valore, ma anche in questo caso c’è da registrare un forte rallentamento delle spedizioni: se nel 2017 trimestre su trimestre si andava su del 40-50 e anche 60%, adesso siamo a +1-2%, con cumulato annuo di solo +3%. L’Italia si ferma a +1%, ma per il nostro Paese questo mercato è e resta marginale, un niente in confronto agli Usa.
Le recenti fortune dei vini australiani sul mercato cinese hanno avuto come effetto benefico quello di alleggerire pressione competitiva in UK e Usa, ma se le cose andranno avanti con questo ritmo (e qui l’impatto del virus e la sua onda lunga potrebbero essere devastanti), c’è da attendersi che anche gli australiani prima o poi siano forzati a ripensare la loro strategia, ritornando a competere sui mercati tradizionali. E lo stesso potrebbero fare i cileni, che hanno progressivamente sostituito Washington con Pechino in cima alla lista delle destinazioni, ma piombati da media trimestrale di +30% del 2017 al -10% e -13% di settembre e dicembre 2019. E anche gli americani non sono esenti dal problema, visto che concentrano l’11% del proprio export tra Cina, Hong Kong e Taiwan.
Di che volumi stiamo parlando? Tra Australia, Cile e Usa, siamo a oltre 3,2 milioni di ettolitri che nel 2019 hanno preso la rotta asiatica e che potrebbero d’incanto trovarsi con più di uno sbarramento all’ingresso e la necessità di trovare altre collocazioni. E si sa, quando c’è surplus di offerta, i prezzi incominciano ad andare pericolosamente giù. Negli Stati Uniti, potremmo presto trovarci a competere – anche senza dazi – con molto vino pensato per il mercato orientale, ma forzatamente ricollocato a Occidente e pure in saldo.