Chianti contro Chianti, la Babele delle denominazioni

[intro-text size=”25px”]Il Consorzio Chianti annuncia la nascita del percorso che porterà al “Chianti Gran Selezione”, scelta all’insegna di qualità e distintività. Il Consorzio del Chianti Classico risponde: idea nostra, progetto copiato, ci opporremo in ogni sede. È l’ultima querelle in un settore fortemente lacerato da diatribe su questioni che affondano le radici in antiche scelte di campanile. L’errore? Il proliferare di denominazioni senza un perché, in una suddivisione dei territori che risponde più a logiche politiche che di economia d’impresa. [/intro-text]

L’Italia del vino è fatta di orticelli, della maggior parte dei quali si perde notizia fuori dai confini regionali o talvolta provinciali. Siamo in un’Italia del vino in cui tra denominazioni e specifiche di vitigno esistono 2 Chianti, almeno 3 Bonarda in regioni diverse e così via… in tutto dovremmo promuovere nel mondo ben 524 nomi tra DOCG, DOC e IGT.

Dati Mipaaf 2019

Saremo eternamente inferiori se pensate che la Champagne è una sola AOC (appellation d’origine contrôlée) che conta su 34.000 ettari, suddivisi in cru ma pur sempre recanti la stessa bandiera. I vignaioli indipendenti, che comprendono i Récoltant Manipulant (RM) e i Récoltant–coopérateur (RC), coltivano circa il 90% della superficie a vigneto mentre le Maisons, in prevalenza Négociant Manipulant (NM), coltivano direttamente solo il 10% della superficie totale. Se si considerano invece i volumi venduti la situazione è questa: le grandi maisons – circa 300 -, producono circa 220 milioni di bottiglie all‘anno mentre i vignerons – che si attestano intorno a 2700 -, producono 57 milioni di bottiglie.
Sul prezzo medio di mercato dello Champagne e sul suo valore di brand meglio non esprimersi: non serve. Sarebbe ora di una riforma, di una semplificazione e di uno sfoltimento per un nuovo marketing internazionale del vino italiano. Sì, servirebbe una gran selezione in senso stretto.

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