1 MINUTO DIVINO – VINO ITALIANO, EXPORT IN RALLENTAMENTO NONOSTANTE IL LIEVE CRESCITA DI VALORE

L’export del vino italiano mostra segnali evidenti di frenata nel primo trimestre 2025. Dopo una partenza sprint a gennaio, seguita da un rallentamento a febbraio, anche marzo chiude in tono dimesso. Secondo i dati Istat analizzati da WineNews, il valore complessivo delle esportazioni tocca 1,85 miliardi di euro, in crescita dello 0,9% rispetto allo stesso periodo del 2024. Ma la tendenza è chiaramente in calo: a gennaio si registrava un +7,5%, a febbraio +3,6%.
A pesare è soprattutto la diminuzione dei volumi, scesi a 492,7 milioni di litri (-2,7%), con un trend negativo che si accentua. Anche gli spumanti, finora motore dell’export tricolore, mostrano segni di stanchezza: +0,57% a marzo (495,5 milioni di euro), ben lontano dal +4,5% di febbraio.
STATI UNITI ANCORA PRIMI, MA LA SPINTA CALA
Gli USA restano il principale sbocco per il vino italiano con 513,3 milioni di euro esportati (+12,5%), ma la crescita si sta assottigliando (era +20,5% a gennaio e +19,3% a febbraio). Anche i volumi crescono, ma più lentamente: +3,8% a marzo contro +8,2% a febbraio.
EUROPA TRA STABILITÀ E RALLENTAMENTI
In Europa, la Germania segna un +1,7% in valore (275,9 milioni di euro) e migliora leggermente nei volumi (-1,4%). Il Regno Unito resta stabile, con -1,4% in valore ma un lieve recupero nei litri esportati (+0,39%). In frenata anche Svizzera (-0,78%) e Paesi Bassi (+0,68%), mentre il Belgio frena vistosamente: +0,85% dopo un +13,1% a gennaio.
MALE L’ASIA, A PICCO LA RUSSIA
Dal mercato asiatico arrivano le notizie peggiori. Il Giappone perde il 10,6% in valore, la Cina crolla del 22,5%, e la Russia segna un drammatico -62,7%, con volumi precipitati da 27,8 a 7,9 milioni di litri.
CANTINE PIENE, FUTURO INCERTO
Il report “Cantina Italia” fotografa una situazione complicata anche sul fronte interno: al 31 maggio 2025 le giacenze sono salite a 46,6 milioni di ettolitri (+0,4%). Un segnale di un mercato in affanno, destinato a peggiorare con l’entrata in vigore dei dazi americani da aprile, in uno scenario dove tutti i principali mercati appaiono in frenata, anche senza barriere tariffarie.