1 MINUTO DIVINO – UN SISTEMA OSCURO SFRUTTA IL VUOTO LASCIATO DA UN’ITALIA CHE NON RIESCE AD ALLEARSI

Mentre l’Italia fatica a trovare un fronte comune con l’Unione Europea per difendere il proprio agroalimentare, un sistema opaco si rafforza nell’ombra: l’“Italian Sounding”, cioè l’uso improprio di nomi e simboli che evocano l’Italia senza alcun legame con la produzione nazionale, si espande a ritmi preoccupanti.

Con l’arrivo dei nuovi dazi americani, la minaccia diventa doppia. Da una parte, si rischia una contrazione fino a 1,3 miliardi di euro nelle esportazioni verso gli Stati Uniti (secondo mercato per il food italiano dopo la Germania). Dall’altra, si spalancano le porte a un’impennata delle imitazioni: solo negli USA, secondo il Forum Food & Beverage di Bormio, si prevede un incremento del +15% dell’Italian Sounding, da 7,5 a 8,6 miliardi di euro.

Un miliardo in più di falsi prodotti italiani che penalizzano la filiera autentica. A lanciare l’allarme è The European House – Ambrosetti, secondo cui ben 6 dei 7,8 miliardi di export agroalimentare italiano in USA riguardano prodotti unici, senza veri sostituti. Questo li rende più esposti alla contraffazione quando aumentano le barriere doganali.

Il mercato globale dell’Italian Sounding ha già superato i 69 miliardi di euro, superando di misura l’intero export agroalimentare italiano. Dati che fanno riflettere: se si riuscisse a contenere il fenomeno, l’export nazionale potrebbe addirittura raddoppiare, soprattutto in mercati ad alta domanda come quello statunitense.

Il falso made in Italy dilaga anche altrove: oltre il 70% dei prodotti “italiani” venduti in Giappone e Brasile non sono autentici. In Germania, Regno Unito e USA si viaggia tra il 60 e il 67%, e anche in mercati emergenti come Cina e Australia l’imitazione supera il 50%.

Tra i prodotti più copiati: Parmigiano, ragù, aceto balsamico, pesto, pasta, Prosecco e olio extravergine, con prezzi inferiori anche del 70% rispetto all’originale. Eppure, cresce la richiesta di autenticità. I consumatori cinesi, giapponesi e canadesi si dimostrano i più attenti alla reale provenienza dei prodotti, mentre gli inglesi restano più legati al prezzo.

Da quattro anni, The European House – Ambrosetti propone un “Manifesto per il contrasto all’Italian Sounding”, con otto raccomandazioni e una visione strategica: abbattere le barriere tariffarie, incentivare accordi di libero scambio e rafforzare i rapporti bilaterali.

Ma senza un’azione politica coesa e unitaria a livello europeo, l’Italia rischia di restare indietro. E a trarne vantaggio saranno ancora una volta i surrogati.

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