«Made in Italy», il mondo lo vuole a tavola
[intro-text size=”25px”]Il mondo vuole bere e mangiare «made in Italy», quello vero, che va difeso debellando le contraffazioni che se in Italia sono un problema nel mondo sono un’emergenza. Nel 2018 le esportazioni agroalimentari italiane hanno raggiunto per la prima volta i 41,8 miliardi di euro, in crescita dell’1,8% sul 2017. Questo il bilancio sintetizzato dalla Coldiretti, sulla base dei dati definitivi dell’Istat, che tratteggiano un quadro positivo, ma con un tasso di crescita che si è ridotto a un quarto di quello del 2017, quando l’aumento fu del 7% Quasi i due terzi delle esportazioni agroalimentari interessano i Paesi dell’Unione Europea, dove il principale partner è la Germania, mentre fuori dai confini comunitari sono gli Stati Uniti il mercato di riferimento peril cibo italiano.[/intro-text]
A spingere la crescita, sottolinea la Coldiretti, sono i prodotti base della dieta Mediterranea, a partire dal vino, il prodotto italiano più esportato, che fa segnare un aumento del 3% in valore, con gli spumanti ancora una volta star della categoria, con un balzo del +13% che gli permettono di raggiungere un valore delle vendite all’estero superiore a 1,5 miliardi. A seguire, l’ortofrutta fresca, che in valore fa segnare però una leggera frenata (-4%), mentre buone performance vedono protagonisti i salumi, i formaggi (+3% in valore) e la pasta, che aumenta del 2% sulla base delle proiezioni su dati Istat relative ai primi dieci mesi.
«L’andamento sui mercati internazionali potrebbe ulteriormente migliorare con una più efficace tutela nei confronti della “agropirateria” internazionale che fattura oltre 100 miliardi di euro utilizzando impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale», commenta il presidente Coldiretti Ettore Prandini, ricordando che «occorre superare l’attuale frammentazione e dispersione delle risorse per la promozione del vero made in Italy all’estero, puntando a un’Agenzia unica che accompagni le imprese in giro nel mondo sul modello della francese Sopexa, ed investire sulle Ambasciate, introducendo nella valutazione principi legati al numero dei contratti commerciali. Mentre a livello nazionale – conclude Prandini – servono trasporti ferroviari efficienti e snodi aeroportuali per le merci che ci permetta di portare i nostri prodotti rapidamente da nord a sud del Paese e poi in ogni angolo d’Europa e del mondo».