Fondi OCM europei, caos ricorsi e il ministro che ferma il treno dopo lo scaricabarile sui progettisti
“Pasticcio al Masaf, pioggia di ricorsi per i fondi promozione del vino. Le aziende: sprecati oltre 6 milioni”. Lara Loreti ha raccontato nei giorni scorsi sul quotidiano La Repubblica (clicca qui per leggere l’articolo) la storia del caos che si è generato in un momento economico e di mercato già di per sé delicatissimo per migliaia di aziende del vino in tutta Italia, dopo un 2023 da dimenticare con tutti gli indicatori di performance con il segno meno. Caos burocratico sui soldi europei per i mercati dei Paesi terzi: esclusi dalla graduatoria big come Antinori, Masi e Terra Moretti. L’Istituto Grandi Marchi: “Il tribunale ci darà ragione”. L’Uiv: “Così si affossa il made in Italy”.
In tutto – riferisce La Repubblica – sono oltre cento le cantine escluse dai fondi Ocm Promozione Paesi Terzi sul piede di guerra contro il Ministero dell’Agricoltura, con ricorsi già presentati al tribunale e altri in arrivo, e più di sei milioni non assegnati che per il momento restano vacanti. Tutto per una serie di ritardi, di impicci burocratici e di valutazioni su cui ora le aziende chiedono di avere chiarimenti. L’Istituto Grandi Marchi, capofila di uno dei progetti più significativi, bocciati dalla commissione giudicatrice del Masaf si è rivolto al Tar. Un vero caos, con il ministro Francesco Lollobrigida che parlando al Gambero Rosso si è giustificando scaricando la colpa sui “progettisti” del bando.
Come dire che professionisti che fino a ieri erano bravissimi, oggi sono diventati “asini” ai quali puntare il dito. Ma che senso ha una toppa del genere, che è davvero peggio del buco. Non si parla di misure secondarie. Tradizionalmente i bandi Ocm vino Paesi Terzi, le misure previste dall’Ue per incentivare la competitività dei produttori e degli imbottigliatori sui mercati dei paesi extra europei, erogano contributi a fondo perduto dal 40% all’80% coprendo i costi da sostenere per promuovere i propri prodotti all’estero. Per far ciò le aziende del vino possono concorrere da sole o organizzarsi in Ati, Associazioni temporanee d’impresa. Quest’anno questa misura ha dato non pochi problemi: il Ministero ha assegnato solo 14 dei 21 milioni disponibili, destinando circa 680mila euro a un’altra iniziativa e lasciando così vacanti 6,3 milioni. Molte delle cantine che hanno partecipato sono rimaste fuori graduatoria, escluse dalla commissione giudicatrice che ha valutato i loro progetti non idonei. Si parla di aziende di brand, che hanno corso da sole, ma anche di altre cantine, di fama internazionale e più piccole che si appoggiavano al know how dei colossi, che invece si sono riunite sotto l’egida dell’Istituto Grandi Marchi (IGM) o di Unione Italiana Vini e Confagricoltura. Praticamente chi fino a ieri non solo faceva bene i compiti ma prendeva anche 10, oggi è diventato un asino? Ma si può davvero arrivare a sostenere questo?
Negli ultimi giorni il ministro Lollobrigida è corso ai ripari spiegando che le risorse non assegnate “non saranno rimandate a Bruxelles ma riassegnate su altri bandi”. Fermate il treno, si salvi chi può!