Cantina di Tortona dal 1931, la rivincita del contadino di Giuseppe Pellizza da Volpedo
Si articola all’insegna di storia, qualità e identità la crescita della cantina cooperativa di Tortona, che racconta la vitivinicoltura locale dal 1931. Un percorso che nell’ultimo periodo è sfociato in una nuova immagine, apprezzabile anche in un sito Internet di notevole impatto www.cantinaditortona.it e in un’operazione avviata la scorsa estate di riscoperta in etichetta di una figura iconica, non solo a livello nazionale, come quella di Pellizza da Volpedo. Si vuole così incontrare, tra bontà e racconto, la ristorazione e i winelovers più esigenti. Una svolta che testimonia una rivincita, orgogliosa, del mondo contadino più operoso e attento, quello che mette la vigna in bottiglia.
Giuseppe Pellizza da Volpedo, intorno al 1880, durante una manifestazione di protesta per il caro pane realizzò alcuni schizzi. Da questi primi studi dipinse poi l’opera Fiumana conservata presso la pinacoteca di Brera di Milano. L’artista impiegò dieci anni per elaborare la tela definitiva. Pellizza da Volpedo fu ossessionato dall’idea di realizzare quest’opera. In origine il dipinto doveva essere intitolato Ambasciatori della pace e poi Il cammino dei lavoratori. Pellizza da Volpedo scelse invece, successivamente il titolo di Quarto Stato per fare riferimento alla classe lavoratrice come identificata durante la rivoluzione francese. Presso la pinacoteca civica di Alessandria è custodito un carboncino su carta che raffigura uno studio del personaggio centrale del dipinto. Grazie alla gentile concessione alla Cantina di Tortona è stato possibile realizzare una nuova linea che vede al centro delle etichette l’uomo che identifica e fotografa il contadino del passato consumato dalla fatica, ma con la fierezza di essere arrivato alla produzione di vini di eccellenza con la sua terra. Timorasso Derthona e le due Barbera Monleale e Burc sono le prime bandiere del progetto.
La storia della Cantina di Tortona
Quella della Cantina è una lunga storia. Nasce nel 1931, quando una pattuglia di pionieri (trentotto viticoltori, proprietari di aziende di media e grande dimensione) diede vita alla Cantina e realizzò il primo fabbricato. Il loro principale obiettivo era quello di bloccare l’esodo dalle campagne, di porre rimedio alla diminuzione delle superfici vitate e soprattutto di offrire sbocchi di vendita più redditizi ai produttori. Fu un atto di coraggio di cui la Cantina continua ad essere orgogliosa. Fu una scelta, a un tempo culturale ed economica, alla quale ancora oggi i soci della Cantina si ispirano per affrontare le sfide di un mercato sempre più selettivo e pretenzioso.
L’epoca in cui si costituì coincise con una grave depressione economica che, originata negli Stati Uniti nel 1929, investì in breve anche l’economia europea, ma da noi le conseguenze risultarono di una gravità eccezionale. In quegli anni (1929-1932) vi fu un numero impressionante di fallimenti di piccole e grandi aziende private. Le conseguenze furono un aumento della disoccupazione, una diminuzione delle esportazioni che si ridussero di due terzi e, fenomeno mai più verificato nella storia recente, una drastica riduzione dei salari e degli stipendi degli operai e impiegati pubblici e privati.
L’uva in quegli anni quando si poteva vendere, era a prezzi rovinosi. In queste condizioni si sentì impellente la necessità di trovare per l’uva una collocazione che consentisse di poter vendere nel corso dell’anno il vino prodotto, sottraendo il frutto delle fatiche dei coltivatori al ricatto del commercio.
L’idea di costituire una Cooperativa avente per oggetto la vinificazione in comune si concretizzò con atto pubblico rogato dal notaio Massa Saluzzo il 12 Settembre 1931. Soci promotori e fondatori, in numero esiguo, furono quegli agricoltori, di vari comuni del Tortonese.
Artefice diretto della fondazione fu l’Enot. Romolo Vimercati che fu direttore della Società dal 1931 al 1961.
La Cantina Sociale dunque, nata con lo scopo immediato di vinificare in comune le uve dei Soci determinò ulteriori vantaggi.
E a partire dagli anni sessanta, profuse la propria forza e mise in campo il proprio prestigio per vedere riconosciuta la qualità del vino locale attraverso il conseguimento DOC. I primi vini a salire sugli altri furono il Barbera e il Cortese dei Colli Tortonesi, due delle perle dell’odierna produzione del territorio. Lo scopo di produrre vini di eccellente qualità, una costante nella sua lunga storia, può essere perseguito con rigore ancora più consapevole e avvertito.
Il microclima dell’areale di denominazione Colli Tortonesi, nel sud-est del Piemonte, insieme alla vocazione dei terreni per la produzione di vino, hanno creato un’armonia che si ritrova nei vini Derthona, Timorasso, Barbera, Croatina e Cortese della Cantina di Tortona. Ogni sorso di vino parla del sole, del vento e della terra di queste colline.
Colli tortonesi, tra storia e tradizione
I colli tortonesi o colline tortonesi si trovano nella parte sud-orientale della provincia di Alessandria e occupano gran parte del Tortonese e una piccola parte del Novese.
Sono delimitati a est dal confine con le regioni Lombardia ed Emilia Romagna, a sud dal Gruppo del Monte Antola che separa, dalla Liguria, a ovest dal Torrente Scrivia ove i colli tortonesi degradano verso la piana alessandrina, a nord sono delimitati dalla pianura alluvionale formata dal Curone e dallo Scrivia.
Le colline tortonesi si elevano dai 122 metri di Tortona ai 471 metri di Fabbrica Curone capoluogo.
Le ciliegie, i tartufi e Presidi Slow Food. Ma non solo piaceri del palato: in queste valli è nato Pellizza da Volpedo e c’è il suo studio-museo. E poi borghi, castelli e pievi romaniche.
Qui è nato Pellizza da Volpedo (l’autore del celeberrimo “Quarto Stato”) e i panorami che le valli regalano sono quelli dei suoi dipinti: vedute dal look rude, torrenti che scoprono paesaggi rustici e suggestivi, calanchi e castagneti, castelli e pievi romaniche.
Percorrendo la Val Curone, poi, si incontrano le geometrie naïf delle chiese medievali di Viguzzolo, di Castellar Guidobono, di Fabbrica Curone e le severe architetture del Castello di Brignano. E poi ecco San Sebastiano Curone: case color pastello, una piazza col palazzo signorile, vicoli lastricati a ciottoli bianchi e neri, carruggi stretti e tortuosi.
Nelle cantine della zona matura un grande vino, il Timorasso, un bianco di grande struttura, che esprime il meglio delle sue qualità a partire dai 18 mesi dalla vendemmia e che raggiunge altissimi livelli.
Montébore mix di latte crudo vaccino e ovino dalla curiosa forma di una torta nuziale. Le cronache raccontano che sia stato creato, più di 500 anni fa, per il pranzo di nozze di Isabella d’Aragona e Gian Galeazzo Sforza, da Leonardo da Vinci, trasformatosi per l’occasione in un cheese designer d’eccezione.
Ecco il Nobile del Giarolo, salame crudo preparato solo con le parti nobili del suino. Da qui, poi, si passa in Val Borbera con il suo concentrato di castelli, fortezze e residenze nobiliari. Un grand tour in valle, allora, comincia dal Castello di Torre Ratti a Borghetto e continua seguendo le Strette di Pertuso, un lungo canyon (7 chilometri) che porta, tra burroni, precipizi e gole, prima verso Cantalupo con il quattrocentesco Castello degli Spinola e poi verso Cabella dove troneggia l’imponente e barocco Palazzo Doria.